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La Catena del Guardiano dello Shōgun

Christian Russo • apr 08, 2024

In vista del prossimo Seminario dedicato al tema nel nostro Dōjō Kinshinden a Torino, pubblichiamo un brano dal libro" Kusari Dō. Sulla Via Guerriera della Catena"

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Alle origini del Kusarifundo

Minnosuke!

Il 3 gennaio del 1689, nel feudo Mino-Ogaki, venne al mondo un bimbo, Minnosuke. Mi piace pensare che non sia un caso che il capostipite della più famosa Scuola dell’Arte della Catena sia nato in un periodo anche detto sakoku「鎖国」, o ‘del Paese incatenato’, quando cioè per un editto emanato dallo shogun Tokugawa Iemitsu il Giappone aveva chiuso ogni contatto con il mondo esterno. Probabilmente peraltro, nessuna catena guerriera sarebbe stata inventata o utilizzata se si avesse avuta ampia disponibilità di armi da fuoco importate dall’Occidente o fabbricate in Giappone.

Minnosuke era nato in una famiglia di nobile stirpe samurai rimasta senza sussistenza dopo la morte del nonno Aisaki Toshihige, quando suo padre, Asanosuke, era ancora piccolo.

(...)
Minnosuke in età adulta successe al padre con il nome di Masaki Tarodayu Dannoshin Toshimitsu「正木太郎太夫段之進利充」.

L’incontro con le arti marziali di Toshimitsu avvenne intorno ai sei anni di età. Il padre gli impartiva lezioni di scherma, ma affinchè divenisse un buon samurai venne mandato anche a studiare etichetta e altre arti marziali. A sedici anni gli fu concessa la piena qualifica dalla Ittō Ryū, una Scuola di kenjutsu (arte della spada) che nella zona di Ogaki era divulgata da Kotoda Kageyuzaemon, allievo diretto di Kensei Ito Ittosai in Odawara.

Il maestro di Toshimitsu fu Matahachiro, esperto sia in Ittō Ryū sia in tecniche di lancia (sojutsu). Avendo ottenuto notevoli miglioramenti e superato i condiscepoli, un giorno si recò in visita al maestro:

Ho sentito dire che i samurai di un tempo si esercitavano eseguendo i movimenti con la lancia 13.000 volte senza riposarsi. È vero?

Il maestro chinò il capo: “Dovresti provarci tu, Toshimitsu.”

Toshimitsu afferrò immediatamente la lancia e iniziò a esercitarsi. Dopo aver contato 25.000 battute ancora non si scorgeva stanchezza sul suo viso. Il maestro, soddisfatto, gli disse di fermarsi.

(...)

Quale istruttore di arti marziali del Clan Ogaki, Toshimitsu era tenuto in grande considerazione. All’età di sessant’anni il clan ricevette l’onore e l’onere della sorveglianza del portale Otemon「大手門」 del castello shogunale di Edo (Fig. A), a capo di 120 uomini. Toshimitsu si prestò anche a tale compito con grande dedizione. La protezione doveva essere sì fisica, ma anche in qualche modo simbolica e spirituale: la costruzione stessa del castello rispondeva a precisi dettami di natura filosofico-spirituale (2), e così le procedure in sua difesa avrebbero dovuto tener conto anche di tali concezioni.


Presto Toshimitsu dovette affrontare i primi problemi: oppositori politici, banditi, dimostranti da scacciare dal sacro suolo del castello, ma anche semplici visitatori di alto rango che potevano violare il rigido protocollo formale di accesso. Il solo atto di sfoderare una spada poteva causare una grave crisi diplomatica ed il sangue era inoltre considerato impuro: si riteneva non potesse in alcun modo imbrattare il portale, il ponte, le mura. Seppure nel caso estremo ch’egli fosse stato costretto a sfoderare la spada, un nutrito numero di guardie poteva intervenire con aste in legno, egli non era comunque soddisfatto di questa soluzione.

Una delle leggende sostiene che a Toshimitsu, uomo di fede profonda, una notte del 1754 sia giunta in sogno la divinità Marishiten sotto forma di Akiba Gongen e che da Essa ricevette un dono: una catena lunga circa 69 centimetri con due omori (錘 - pesi) alle estremità, atta a sottomettere gli oppositori armati senza alcun spargimento di sangue (3).


La leggenda vuole che le “teste” della catena fluttuassero nell’aria. Quindi il tamagusari, (gemme-talismano e catena) come inizialmente Masaki chiamò la nuova arma, in accordanza con i concetti cosmologici e protettivi di matrice daoista, sarebbe nato da una risposta divina ad una preghiera di un uomo molto credente e dallo spirito puro. Egli potè aggiungere così “10.000 uomini” a guardia del castello, per questo motivo il nome dell’arma cambiò poi in Manrikigusari「萬力鎖」 - la catena dalla forza di diecimila (4) - o “dei diecimila poteri”.


La natura da “protezione individuale” era peraltro sottolineata dalle caratteristiche tecniche della catena, non propriamente costruita per offendere, quanto per bloccare l’attacco dell’avversario, ancor più quando appartenente ad una famiglia daimyō. Le prime tecniche si componevano di una parte omote-iai (5 - anticipi e disarmi con roteazioni e colpi, derivata dalle estrazioni di spada dello Ittō Ryū kenjutsu) ed una parte ura-iai (proiezioni, avvolgimenti, blocchi, più propriamente collegati al jūjutsu - 6).

Possiamo mettere per un momento da parte la suggestiva leggenda del sogno di Masaki per confrontarci con un dato di realtà: Toshimitsu era un esperto di kusarigama e rimuovere la falce accorciando al contempo la catena per renderla più facilmente trasportabile e occultabile dovette sembrare una soluzione molto razionale e tutt’altro che mistica.

Il manrikigusarijutsu, racchiuso nei suoi 24 metodi iniziali, potrebbe essere nato realisticamente da un ōyō- applicazione - di tecniche di kusarigamajutsu al nuovo strumento.


La Catena divenne famosa per la sua ingegnosità: presto Toshimitsu dovette far fronte ad un crescente numero di richieste da potenziali discepoli che da tutta Edo, lo imploravano di essere ammessi all’insegnamento.

Ogni catena che veniva concessa agli allievi selezionati veniva purificata, protetta da influenze maligne e caricata di energia spirituale da un monaco in una solenne cerimonia, e i novizi prestavano giuramento di non rivelare i segreti ai quali sarebbero stati iniziati.

Era nata una nuova arma.


Masaki morì nel 1776 all’età di 87 anni. Fu cremato nel Tempio Joinji di Ogaki-Funamachi.

1 La grande strada costiera che da Edo conduceva a Kyōto, fondamentale per gli scambi commerciali,

politici e culturali.tra la capitale shogunale e imperiale.

2 Concezioni cosmologiche per certi versi collegate a quello che oggi conosciamo come Feng Shui

3 Questa versione è riportata nel testo “Gekken Shōdan” (撃剣叢談), 1843

4 “Diecimila” è un numero che nel daoismo cinese indica “l’infinito”.

5 居 Iai - estrazione. Anche la catena stessa è ritenuta iai, ma dai kanji 遺愛 - lascito, eredità preziosa

6 Si dice che quest’area sia stata sviluppata poi dall’8° Soke, maestro di Tenjin Shinyō-Ryū Jūjutsu



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